giovedì 23 maggio 2013

FYC LXXI

E' così facile lasciare andare tutto.

E' facile restarsene chiusi in casa, sotto le coperte, comunicare con il mondo tramite un computer, se se ne sente la necessità.
E' facile prendere impegni a cui si da la giusta importanza e portarli avanti perché tanto va bene ciò che si fa e se non va bene, oh, pazienza.
E' facile avere la possibilità di restare soli quando se ne ha voglia, di non uscire per giorni e sapere che, in fondo, le persone con cui hai a che fare non si rammaricheranno molto per questo.

E' sempre stato così: facile, semplice, comodo.
Nessuna ansia, nessuno stress, nessun problema.
Ero io, al sicuro.
Al minimo accenno di relazione sociale problematica, boom, caldo-coperte-letto, sicuro.

Non sono mai stata veramente sola, ho sempre avuto qualche amico, soprattutto lontani, ma qualcuno con cui parlare di tanto in tanto, c'era.
E mi sono sempre tenuta  bene o male impegnata... Anche quando non avevo molto da fare, c'erano i libri a tenermi compagnia.
Ho avuto tanti confidenti, ma all'accenno di un potenziale litigio, la soluzione è sempre stata allontanarsi.
Non mi è mai piaciuto fare a cornate, confrontarsi, snocciolarsi. Ho sempre temuto momenti del genere, per cui ho sempre preferito tacere, far rasserenare le acque e poi, casomai, ricomparire. Probabilmente la maggior parte delle volte questo atteggiamento è andato allentando i rapporti, ma pazienza, mi sono detta, è andata così.

I miei fidanzati sono stati gli unici con cui ci ho tenuto a chiarire subito le questioni: sono sempre stati importanti per me, chiunque essi siano stati, ovviamente ognuno con le proprie differenze. Ho sempre pensato che la persona che deve starmi accanto è quella che sa praticamente tutto di me e l'idea che un'incomprensione, o cose del genere, potesse restare insepolta m'inquietava. Per questo, con alcuni di loro a volte, ci sono state accese liti, ma anche quelle mi hanno aiutato a capire con chi stare e con chi non stare. Quello che è certo è che nei momenti in cui mi sono sentita profondamente delusa o ferita dai loro atteggiamenti, sono sparita.
Ed è facile sparire, soprattutto quando la persona con cui stai abita a molti chilometri di distanza.
Cellulari spenti anche per tre giorni. Non era ripicca, non era un "hai visto che hai fatto? queste sono le conseguenze!", era un "non ce la faccio".

Ho sempre avuto tempi di reazione "lenti", da quando ho "memoria emotiva", almeno.
Se succede qualcosa che trovo incredibilmente bello o brutto, bè io non riesco a esprimere così, all'improvviso, quello che provo.
Gioire, piangere... No, è una cosa difficile. Esternare un sentimento improvviso, no. Probabilmente per anni, oltre a questo, ho cercato di smontare le mie espressioni facciali: sono serena, sono malinconica, sono disperata... La mia espressione è sempre una: sguardo basso, linea delle labbra piatte, nessun accigliamento, nessuna piega sul viso. 
Poi ho iniziato a studiare dei libri sul linguaggio del corpo e allora ho cercato d'impegnarmi anche per eliminare i miei movimenti di "scarico da stress", quelli che facciamo senza renderci conto: toccarsi i capelli, grattarsi, alzarsi le maniche, giocare con collane o anelli, ognuno ha un po' le sue.
Bè, io ho pensato: qualcuno dall'esterno vedendomeli fare penserà che io sono nervosa... non va bene! E' così mi sono impegnata per rendere piatta anche la mia gestualità.

Da un po' sto provando a fare il procedimento inverso: espressioni, movimenti, liberare quello che sento.
Mi sento ridicola, sempre. Quando lascio che le parole fluiscano come vengono, quando sorrido o esulto quando ne ho voglia, quando permetto che la mia voce salga di tonalità o si incrini per il pianto.
Mi sento assolutamente ridicola nell'esprimere quello che provo, non voglio. Ma sono arrivata a capire che non sempre bastano le parole.


Come ho già detto, non credo di andare bene per vivere in una società.
Vorrei essere fredda, distaccata, regionare con logica e oggettività: è quello che ho sempre desiderato.
Ma è quello che non sono. Purtroppo non riesco ancora a darmi pace per questo.

E questo mi crea, di conseguenza, diversi problemi.
Apparire insensibili ad una questione, quando non lo si è, porta le persone che ti circondano a trattarti come persona "insensibile". Sì, è vero, qualcuno magari si accorge del fatto che magari non sei in quel modo, soprattutto quando, come in questo periodo, cerco di lasciare andare un po' di emozioni, di comunicare un po' con il prossimo.
Ma, in generale, nei momenti in cui tutti sono presi dalle loro convinzioni, dalle loro discussioni, nessuno pensa a chi ha di fronte.
E quindi, se ti mostri distaccata, noncurante, gli altri ti parleranno per quello che vedono.
Certo, puoi anche dire "ma per me questo è importante", ma alla fine, come ho già detto, le parole non bastano.

Il risultato è che gli altri ti trattano come una persona insensibile, quando in realtà la tua sensibilità è lì dentro, che ti devasta. 
E non posso scoppiare a piangere, non posso incazzarmi, non posso gioire. Perchè poi morirei di vergogna (penso sia il termine migliore che io possa trovare per spiegare quella sensazione che provo) per averlo fatto.


C'è una voce nella mia testa martellante che mi insegue e mi dice "lascia perdere, lascia perdere tutto" e mi attrae terribilmente, mi invita a lasciarmi andare, a lasciare andare tutto, come ho sempre fatto.
Semplice, facile.
Nessuna cosa a cui tieni veramente, nessun impegno che ritieni importante, nessun affare che ti sta veramente a cuore.
Nessun amico da rincorrere, nessun fidanzato con cui parlare dopo un litigio.
"Lascia andare tutto".



E invece no.
Devo alzarmi dal letto e perseguire con tenacia ciò a cui tengo e che trovo giusto.

Mi sento un po' stupida a pensare di dovermi forzare per compiere azioni che per la maggior parte delle persone, lo so, rientrano nella normalità.
Ma io trovo tutto così estramemente difficile.
Rapportarsi con il prossimo.
Volergli bene anche con tutti i suoi difetti.
Non ranicchiarsi a terra mentre è lì che ti parla di qualcosa di te che non gli va bene.



Coraggio, vieni a me.









ArHaL
Il tempo cambia il volto delle cose, anche dei ricordi.

lunedì 13 maggio 2013

FYC LXX


Penso che uno dei miei problemi più grossi sia il fatto di non essere adatta a vivere nel mondo e nella società.








ArHaL
Il tempo cambia il volto delle cose, anche dei ricordi.

venerdì 10 maggio 2013

NihAl


Da dove provengo e dove arriverò?








ArHaL
Il tempo cambia il volto delle cose, anche dei ricordi.