lunedì 30 giugno 2014

171...187/365

Day from171to187 of 365.

Ho sempre giudicato con severità le persone deboli, almeno a livello caratteriale.
Le persone che, pur avendo coscienza di sé e di ciò che gli sta intorno, non facevano niente per cambiare qualche proprio atteggiamento sbagliato o ingiusto.
O anche semplicemente le persone che, anche se non più giovanissime, non avevano assunto una coscienza propria.

Non potevo fare a meno di dire "se io che mi sento così fragile riesco ad andare avanti ogni giorno cercando di agire quanto più equamente possibile, cercando di mantenere viva la mia vera dignità, cercando di pensare saggiamente, perché tu non lo fai?".

Mi rendo conto, ora, che è una cosa difficile, che anch'io sbaglio e ho sbagliato e sbaglierò, per quanto mi costi ammetterlo ed accettarlo.
Probabilmente, in realtà, non è una cosa che posso accettare veramente adesso un fallimento.

Eppure, dopo le ultime vicessitudini in cui mi sono imbattuta, sento di essere diventata meno pretenziosa nei confronti degli altri.
Sento che sono anche solo di un passo più vicina all'accettare che il prossimo mi deluderà sempre.
E, forse, questo un giorno mi aiuterà a comprendere che anch'io posso deludere qualcuno senza morirne.
Per quanto per ora mi sembra lontanissimo come concetto.

Mi sono sentita orgogliosa di me per qualche giorno e ciò mi ha spinto ad essere positiva.
Poi, come sempre, qualcosa mi ricorda che ho ancora troppa strada da fare.
E quelli sono i momenti peggiori da affrontare.


Anche oggi ho molte cose da fare, ma ho pensato che fosse giusto prendermi due ore da dedicare a qualcosa che mi piace e che mi facesse sentire senza pensieri e anche un po' malinconica: così ho ricominciato a guardare Kodoma no Omocha (quello che nella mia infanzia è stato Rossana); sono felice di averlo fatto.



I giorni che mi aspettano, che siano pieni di impegni o spensierati, mi angosciano e mi fanno sorridere al contempo.






ArHaL
Il tempo cambia il volto delle cose, anche dei ricordi.

venerdì 13 giugno 2014

169-170/365

Day 169&170 of 365.

Non ricordo più in quanti letti ho dormito.
Non ricordo più quanti treni ho preso per andare e venire.
Non ricordo più cosa vuoldire avere un posto che ti faccia sentire al riparo.

L'ho realizzato ieri, così, quasi all'improvviso.
Finora sorridevo, ultimamente mi sforzavo di sorridere, mi dicevo, come tutti quelli che hanno lasciato la propria casa natia "ho due case: quella dove sono cresciuta e quella che mi ha accolto dopo"; solo che non era così, era che di case ne ho cambiate più di una, e chissà quante ancora ne cambierò, era che poi c'è la casa di Istvan, e ogni volta qualcuno di gentile finisce per dirmi "fa come se fossi a casa tua".

MA IO NON SONO A CASA MIA.
Non ci sono, non ci sono mai, ormai da anni.
Non ho più di una casa: non ne ho più nessuna.

Ogni volta che torno in Calabria trovo il mio paese cambiato: i negozi chiusi, i volti invecchiati, le strade svuotate da quella che era la mia generazione.
E casa mia... Casa mia sempre, sempre bella, il mare, il cielo, la frutta, sempre, sempre belli.
Sempre.
Solo che non è questo ciò che posso chiamare casa.

Casa era quando tornavo da scuola e mamma mi cucinava la pasta anche se era stanchissima.
E lo fa, anche ora, perché mi vuole bene, ma leggo nei suoi occhi la stanchezza abissale di chi sta perdendo la fiducia in ciò in cui credeva di più.
E non è bello leggerla quando quella cosa sei tu.

Casa era quando mi sentivo sola e incompresa e passavo ore, giorni chiusa in camera mia a leggere, senza mangiare, senza dormire.
Ora ho imparato che non posso vivere per sempre nei libri se voglio avere una storia mia.

Casa era quando tutto andava storto e io mi concedevo di urlare e piangere, che per quanto ciò ferisse il mio orgoglio, c'erano soltanto le mura ad accogliere le mie nocche, o le porte del salotto a sbattere, o i miei genitori a dirmi "vabbè, ma adesso calmati".
Adesso quelle urla e quelle lacrime deve trattenerle sempre, più che posso, perché ogni mia debolezza distruggerebbe l'equilibrio precario in cui tutto si trova.

Questa non è più casa mia.
E non è casa mia la mia camera da studentessa a Firenze, una camera che prova ad accogliere una vita intera, ma non c'è niente da fare: è troppo stretta.
E casa non può essere neanche quella offertami, tanto dolcemente, dai genitori di Istvan perché non è lì che io posso essere ciò che sono fino in fondo.

E ogni mattina apro gli occhi nel buio e non ricordo dove sono, in quale letto sono, in quale casa abito, in quale città mi trovo.

Voglio una casa.
Da quando ho iniziato a irrobustire la mia coscienza, da quando mi sono macchiata di matita nera sugli occhi, da quando ho deciso che avrei dovuto essere più forte, mai mi sono concessa di pensare al fatto che, forse, mi sarebbe piaciuto anche a me essere romantica, avere qualcuno a cui dedicarmi, desiderare una casa mia.
Eppure, adesso che sto imparando faticosamente a mettere da parte il mio enorme orgoglio, è così: voglio una casa.
Un posto.
Delle mura, un tavolo, dei bicchieri.

Non mi basta più un momento, un abbraccio, delle pacche sulle spalle.
Delle persone a cui voglio bene, un fidanzato che, per quanto preziosi, per quanto si sforzino di farmi sentire al sicuro, a me non possono bastare.

Voglio delle pareti tra cui piangere, un soffitto sotto al quale essere felice.
Così, come sono.

E' questo ciò che vuoldire "casa", no?





ArHaL
Il tempo cambia il volto delle cose, anche dei ricordi.

mercoledì 11 giugno 2014

162...168/365

Day from162to168 of 365.

Sono in Calabria, ancora una volta.
Stavolta, però, non mi sento paralizzata dalla malinconia.
Il che è strano, perché mi basta poco affinché ciò mi accada, e qui pullula di spettri. Inoltre, sebbene sia arrivata da meno di due giorni, già alcuni avvenimenti mi avrebbero dovuto far languire:
- appena arrivata, dopo cena, cercavo un pigiama per andare a dormire: ho trovato quello di Pic, lasciato qui eoni fa, quando ancora facevamo il liceo, e l'ho indossato. E' da due mattine che mi sveglio con i capelli dritti in testa, come succedeva a lei, nonostante io li abbia lisci: ciò mi sconvolge!;
- ieri ho scoperto di aver perso un pezzo dei miei preziosissimi e datatissimi piercing: poi in realtà l'ho ritrovato, ma a quanto pare un buco ha iniziato a darmi prurito: COSA VORRA' MAI DIRE?;
- mia madre si è data alle pulizie di primavera nel garage e ha ammucchiato nel sottoscala del salone quintalate di vecchi libri, quaderni, giocattoli in attesa che io tornassi per smistarli: sto trascorrendo parte del mio tempo a riguardarli, sfogliarli, leggere di quando ancora ero fanciulla o adulesciente: una valanga di ricordi, soprattutto tristi;
- ho fatto sogni a tema Kingdom Hearts (panico).

Probabilmente, ciò che mi sta aiutando ad affrontare il tutto, è il fatto che ho molte cose da sbrigare, che devo pensare a fatti concreti da sbrogliare qui, ma, soprattutto, è che lì dove sorgeva un cadente garage, mia madre nel giro di un mese ci ha ricostruito una nuova stanza della casa: sto trascorrendo qui le mie giornate, in un ambiente del tutto nuovo, che puzza di vernice appena passata e che non ha nessuno, alcuno, neuno carico emotivo. Niente, zero ricordi, un luogo mai vissuto in casa mia, è bellissima come sensazione.

Sembra stupido, ma mi rendo conto di quanto avessi bisogno di un luogo neutro in cui stare quando vengo qui. Un luogo senza fantasmi, senza angosce, senza ansie, un luogo ancora da riempire, e spero di cose belle.

Mi sembra di respirare meglio qui dentro.
E poi, esco fuori e vedo il mare.
La mia fonte di vita.





ArHaL
Il tempo cambia il volto delle cose, anche dei ricordi.

mercoledì 4 giugno 2014

157...161/365

Day from157to161 of 365.

Oggi è uno di quei giorni in cui vorrei nutrirmi solo di malinconia.
Sarà il periodo ed il momento, sarà che gli ultimi giorni trascorsi sono stati spossanti ma assolutamente pieni di allegria, ma io sono fatta così: arriva il momento in cui sento il bisogno di lasciarmi in balia di una qualche commozione imbevuta dalla realtà immaginifica delle cose.

Solo che oggi, al contrario di quanto normalmente accade, non vorrei essere da sola.
Vorrei passare il mio tempo, così, mollemente, tranquillamente, dolcemente, con Istvan.
Il nostro tempo, da un bel periodo a questa parte, è sempre troppo occupato per concederci momenti insieme.
Sento molto la sua mancanza. Sento la mancanza delle sere svegli fino alle 5 per stare insieme fuori dal mio portone, la mancanza dei pomeriggi in cui potevamo permetterci di saltare il lavoro, la mancanza di almeno due giorni di fila trascorsi insieme, senza pensare a niente altro che noi, a che cosa fare quel pomeriggio o quella sera assieme.

Mi chiedo se, in questa vita frenetica che in qualche modo mi sento odiare, troveremo ancora il modo di trascorrere momenti così.

Forse affiderò a questo pensiero la mia malinconia di oggi.




ArHaL
Il tempo cambia il volto delle cose, anche dei ricordi.