martedì 10 novembre 2015

13

Ci sono momenti in cui non mi sento presente.
Momenti in cui non ho la totale percezione di me, momenti in cui sono così profondamente che, paradossalmente, non sono più.
Finisco col perdermi dolorosamente dentro la mia testa, o scompaio inglobata dal battere del mio cuore. A volte è così difficile districarmi da me stessa che finisco con lo spegnermi: mi immobilizzo, cammino senza senso, fisso troppo a lungo i passanti inquietandoli.
Altre volte desidero ardentemente uscire da quella che diviene la mia gabbia, così forte che, pur respirando affannosamente, cerco di aggrapparmi a qualcosa di assolutamente reale, il mio riflesso sullo specchio, il suono alto della mia voce, qualcosa di caldo, qualcosa di freddo, qualcosa che faccia male.
A volte ci riesco, riesco a scappare, altre volte no. Altre volte mi rassegno alla mia ingombrante presenza e mi accarezzo fin quando il tempo non riprende a scorrere normalmente.
Accarezzarsi.
Sentire la propria pelle.
Sentire le proprie unghie conficcarsi nei palmi.
Sentire dolore.
Sentire sollievo.
Sentire.

Sono più rari i momenti in cui finisco per essere sommersa da me stessa, ma le onde mi cullano senza affogarmi. Sono quei momenti in cui la marea viene più dall'esterno che dall'interno, e di solito è generata da sguardi gentili, da forti abbracci, dall'aver udito un respiro familiare.
Talvolta mi capita anche quando sono sola, quando mi basta un ricordo vivido per sentire un grosso spillo infilzarmi il petto: ma non sento male, sento bene.
Sento l'orizzonte distendersi, i cieli farsi tersi, il mare calmarsi.
Sento gli occhi riempirsi, le mani vibrare, il respiro divenire silenzioso.
Sento la vita scorrere un po' più forte sotto la mia pelle e farsi liquida, liscia, vellutata.

Io sento. E, in ogni caso, non mi fa più paura.


Perché ho il cuore tinto sempre del colore dei suoi occhi.







ArHaL
Il tempo cambia il volto delle cose, anche dei ricordi.