Come sempre (a quanto pare), stanno succedendo un sacco di cose assolutamente random e io non riesco a far altro che viverle, cercando di mantenermi il più stabile possibile e riportando di tanto in tanto qui i dettagli del mio viaggio, cercando di distaccarmene per quanto posso.
Martedì sera mi sono decisa a partecipare ad una serata di Poetry Slam e, anche se mi rendo conto razionalmente che sia una cosa stupida, irrazionalmente ero tesissima e la mia voce mentre leggevo era tremante. Ma quel tremore, unito all'intonazione che sono riuscita sforzandomi a dare a ciò che dicevo, in modo totalmente inaspettato mi ha portato alla vittoria. E quindi ho vinto, grazie agli applausi del pubblico, una pubblicazione su una rivista fiorentina e un pranzo per due persone in quel locale. Il fatto di per sé è positivo, ma io continuo a rimuginare sul fatto che ho letto le mie cose di fronte a tutte quelle persone e questa cosa mi manda in palla. Credo che sia il giudizio di per sé che, come sempre, mi manda in palla.
Ho letto tre testi, uno per round. Il primo era quella poesia pesantissima che ho scritto poco dopo aver lasciato Gheri, il secondo una cosa piuttosto semplice scritta una cosa come dieci anni fa che ho ritirato fuori proprio da questo blog, ed il terzo era un testo che ho creato accorpando cinque brevi testi che avevo scritto poco tempo dopo essermi messa con il già citato. Che citarlo per scritto mi fa meno paura di dirlo ad alta voce. Alla fine, quando mi hanno chiesto di fare un discorso al microfono e io non sapevo che dire, ho letto una parte di un brano che uso anche come testo per l'immagine di copertina su Facebook che credo che sia una delle cose più vere scritte per me di sempre. E poi mi sono presa gli abbracci e le congratulazioni di un sacco di persone, cercando di non sparire troppo nella vergogna (fallendo nell'intento, credo).
Intanto però per la maggior parte del tempo mi affanno tra annunci di case, agenti immobiliari, spostamenti rocamboleschi in autobus a vedere posti assurdi, impegni di vario tipo che continuo a prendere e che almeno il 60% delle volte non riesco a rispettare per la stanchezza psicofisica, e cerco tutto sommato di andare avanti con la mia vita in bilico. Ma in quei pochi momenti in cui riesco a levarmi dalla testa il fatto che tra meno di un mese potrei essere in mezzo ad una strada, riappare lui. Mille scene, tutte unite insieme, il nostro maledetto albero di Natale, le sue dita che montano il Millenium Falcon della Lego, il suo profilo serioso, il suo divano, la sua cucina, io e lui insieme a casa sua. A casa sua, che ho sentito così mia. Il giorno in cui ho portato via tutto. L'ultima volta che l'ho visto. Le stilettate di dolore che tuttora mi assalgono quando penso a come è finita. Tutte le cose brutte e, soprattutto purtroppo, tutte le cose belle.
Stasera ero a cena qui a casa e in tv hanno passato la pubblicità del film di Star Wars in uscita, che io naturalmente voglio vedere. Ma è bastato vedere il trailer, che finora avevo più o meno inconsciamente scansato su Facebook, per farmi scoppiare in lacrime e correre in camera mia per non farmi vedere da nessuno.
Sono passati quasi dieci mesi da quando è finita. E anche se ho pensato di stare meglio, anche se sto cercando di andare avanti, anche se sono così impegnata banalmente a sopravvivere, quando la notte mi trovo sola e non ancora troppo stanca, piango per lui.
Questa cosa mi distrugge perché è difficile accettarla, ma al contempo mi dico di pazientare, che se sono sopravvissuta a M., sopravviverò anche a questa. Continuando a fare incubi ogni tanto, ma superandola.
Ho bisogno di un angolo di tranquillità in cui rifugiarmi che al momento non credo di avere. Poi forse riuscirò a far andare tutto meglio. Magari anche a riprendere a studiare.
Ho ancora così tanto da fare su di me, nonostante tutto quello che ho fatto finora, che a volte mi sembra che non finirò mai. E forse è proprio così.
Vorrei solo riuscire a lasciarmi tutto il dolore passato alle spalle e trovare il modo di costruirmi un futuro sereno, per quanto possibile.
Nella speranza di pensieri più positivi, riporto il testo che ho letto nella finale della gara in 2 minuti e 58 secondi su un massimo di 3 (fortunatamente non sapevo che mi stessero cronometrando, altrimenti sarei andata in pappa):
"I nostri desideri fanno rumore: stormiscono, a volte, come foglie di pioppo scosse dal vento.
Vibrando, ora forte, ora lieve, ci
riempiono le orecchie mentre passeggiamo lungo il nostro viale alberato. E’ allora
che, se abbiamo indossato gli occhi del colore adatto, possiamo vederli brillare,
appesi ai rami: ce ne sono moltissimi e, sotto la luce del sole, abbagliano la
vista costringendoci a celarci lo sguardo con le mani.
Se siamo fortunati, coleranno via dalle
nostre ciglia, bagnandoci i palmi, entrando sotto la nostra pelle e
riempiendoci di ogni cosa bella.
I nostri desideri fanno rumore: scricchiolano,
a volte, sopra la nostra testa.
Nel cuore della notte mentre dormiamo li
sentiamo rimproverarci, all’improvviso, nel buio, e ci svegliamo di
soprassalto, col cuore che batte troppo forte, e ci diciamo “è solo la
mensola”, “è solo l’armadio”, ci giriamo dall’altro lato e torniamo ad
assopirci di nuovo.
Ma loro ritornano, ritornano sempre,
quando meno ce lo aspettiamo, per spaventarci e scuoterci e urlarci nelle
orecchie “ricordati chi sei”.
I nostri desideri fanno rumore: gorgogliano,
a volte, dentro al nostro stomaco.
Quando li percepiamo nella pancia e non
riusciamo a fermarli, e grattano, e scavano, e graffiano, e, lentamente
bruciando, salgono lungo l'esofago e finiscono con lo sporcarci la bocca di
verità.
Quando sobbollendo ci riempiono le
orecchie solo del loro verso, e si fermano lì dentro a cuocere, a diventare
incandescenti e consumati, a essere inafferrabili.
Allora dobbiamo schiudere le labbra e
fischiare, e cantare, e urlare, e sputare, e odiare, e amare, e dire che la
dolcezza che portiamo con noi non ci fa più paura.
I nostri desideri fanno rumore: sibilano,
a volte, come serpi che nascoste strisciano vicino ai nostri piedi nudi e noi finiamo
sempre per correre via o calpestarli, fino ad ucciderli. Forse non ci è ancora
chiaro che il veleno mette in circolo l'adrenalina e, seppur mortale, quel
sottile sibilare strisciante sulla nostra pelle scoperta è l'unica strada.
A volte bisogna sdraiarsi a terra e
lasciare che due denti affilati ci perforino il collo, a volte bisogna
contorcersi e urlare e vomitare fuori tutto quello che siamo, per essere degni
di bere un antidoto e afferrare quel desiderio guizzante, viscido, violento, ma
nostro.
I nostri desideri fanno rumore: crepitano,
a volte, come legna verde messa a bruciare.
Si accendono lentamente, sollevando fumi
neri, fin quando, inevitabilmente, divampano.
E mentre muoiono, mentre diventano
cenere, il nostro stesso respiro si fa turbinoso vento e li sparge, e loro
scorrono sotto la pelle, si perdono fino alla punta delle dita, e noi tutti
bruciamo, noi tutti crepitiamo, noi tutti riluciamo come tizzoni, un istante
prima di spegnerci.
E quando non sappiamo più come
ricostruirci perché i pezzi di cui siamo fatti sono già tutti in polvere, e
possiamo solo restare a contare i fori sul nostro petto che ormai sono così
tanti da aver aperto un enorme squarcio sul vuoto… Noi dobbiamo fermarci.
Fermarci ed ascoltare i nostri desideri
che fanno rumore."
ArHaL
Il tempo cambia il volto delle cose, anche dei ricordi.
Il tempo cambia il volto delle cose, anche dei ricordi.