sabato 9 febbraio 2019

/casa


Alla fine domani dovrò partire veramente.
Questi mesi sono stati lunghissimi, eppure sono passati.
Domani è il famoso giorno in cui rimetterò piede a Firenze.
E non voglio farlo, con tutte le mie forze, non voglio. Per tanti motivi, ma soprattutto perché è il giorno in cui avrei voluto riabbracciarlo e invece non succederà.

Le settimane che dovrò passare lì non so sinceramente come affrontarle. Sono felice di riabbracciare le mie ex coinquiline, dalle quali dormirò alla fine, di aiutare Santi con la tesi e, se dio vuole, di assistere alla sua laurea. Sono davvero felice per questo, ma per nessun altro motivo sarei voluta tornare ad affrontare ancor più vividamente la sua assenza.

Dal momento in cui metterò piede fuori dall'aereo inizierò a guardarmi intorno, metterò la suoneria al cellulare italiano, vivrò in attesa di lui, anche se razionalmente mi ripeterò che non accadrà, che non lo vedrò, che non sarà lì ad aspettarmi per abbracciarmi per dirmi che è stato solo un lungo orribile incubo.
Per dirmi che sono tornata a casa, dove casa è il nostro abbraccio, dove è sempre stato, fin dal primo momento. Non riesco a trovare rifugio più da nessuna parte senza le sue braccia.

E' difficile per me convivere con questi sentimenti perchè tutti i giorni mi dico che andrò avanti, lo faccio credere alle persone intorno a me, ma dentro di me vorrei solo che lui tornasse, vorrei solo svegliarmi ogni mattina dopo averlo sognato sorridendo anzichè piangendo perchè lui è ancora con me.
E' difficile perché è la prima volta nella mia vita in cui non riesco ad andare avanti, in verità, in cui mi sembra lecita qualsiasi cosa pur di continuare ad amarlo nonostante lui non ci sia più, in cui in fondo la mia anima medievale mi sussurra "va bene così, va bene continuare a scrivere poesie per qualcuno che neanche le legge".
Se non altro Dante da qualche parte sarà orgoglioso di me.

Continuo a ripetermi che se davvero è vero quello che provavo e provo per lui, se davvero è l'amore della mia vita, se davvero possiamo trovare il modo di stare insieme, lui si farà sentire sapendo che sono lì.
Continuo a ripetermi che tutto questo mare di sentimenti che provo non è uno spreco, che devono avere un senso, che tutti i ricordi che ho dentro di me sono ancora lì per un motivo.
Continuo a ripetermi che le cose che non dovrebbero avere valore e invece ce l'hanno esistono perchè tutto questo serve a qualcosa, serve a qualcosa il fatto che io abbia appena ricevuto un sms del veterinario per il suo cane, serve a qualcosa il fatto che io abbia in valigia tutti i regali che gli ho comprato in questi mesi, serve a qualcosa il fatto che lo pensi con tutta l'intensità che ho dentro.

Serve a qualcosa, se non a uccidermi?
Io non lo so.
E ho paura da morire a tornare domani.





ArHaL
Il tempo cambia il volto delle cose, anche dei ricordi.

giovedì 7 febbraio 2019

/PuenteGenil


Tenermi in movimento mi aiuta a sopravvivere, almeno per un po'. Ma non riesco a capire se effettivamente il troppo esplorare mi sta stancando o se sono così presa dal dolore che mi porto dietro da non riuscire più a godermi niente del tutto.

Mentre ritornavo a Siviglia dalla mia brevissima visita a Granada sono passata vicino allo svincolo autostradale per Puente Genil. Mi sembra impossibile sia passato così poco tempo da quando programmavamo la nostra vita insieme di fronte a tutte quelle persone, da quando sconosciuti ci guardavano e ci dicevano che eravamo fatti l'uno per l'altra, da quando, nonostante i litigi, andavamo in giro abbracciati per tenerci caldi e lui mi rimboccava la sciarpa tutte le volte che ne avevo bisogno.

La mia testa è piena di queste cose piccole e immense con cui non so più cosa fare. Vorrei che non esistessero più perché nonostante siano trascorsi ormai sette mesi da quando lui non c'è più, a me non sembra passato un giorno tanto forte è ancora ogni cosa, nonostante tutto quello che è successo nel frattempo.

Ovunque sia, se lo ricorda com'era tenermi per mano?
Se lo ricorda com'era abbracciarmi, baciarmi, quella cosa sconfinata che sentivamo riempirci fino al midollo?
Se lo ricorda com'era chiamarmi per nome sottovoce, sentire il suo nome sussurrato, all'infinito, senza senso, eppure con ogni senso del mondo?

Se non lo ricorda, come ha fatto a dimenticare?
Se lo ricorda, come fa a vivere?



ArHaL
Il tempo cambia il volto delle cose, anche dei ricordi.

venerdì 1 febbraio 2019

/manos


Ieri e oggi sono rimasta tutto il giorno in casa (o meglio, in camera) perché tanto per cambiare sto male (psico&fisicamente). Sto cercando di rendere questo luogo un rifugio, anche se mi sembra impossibile l'idea di riuscire a chiamare di nuovo qualcosa "casa".

Qui, in ogni caso, dovrei essere al sicuro da lui perché non ha ovviamente mai varcato la soglia di questo luogo. Ma evidentemente non è abbastanza.
Ce l'ho sempre negli occhi. Come un granello incastrato tra le ciglia, mi offusca la vista e mi fa lacrimare. Lo vedo ovunque, nella sua figura alta e un po' storta, seduto scomposto, prepararsi una sigaretta, fissare un punto non definito mentre pensa, giocare al cellulare, mordicchiarsi le dita distrutte.

Non saprei dire cosa mi manca di più di lui, ma sicuramente le mani sono tra le cose che più mi pesano. Quelle mani rovinate dal lavoro, piene di tagli, bruciature, calli, con la punta delle dita mangiata dal nervoso, le unghie sempre cortissime. Quelle mani consumate.

In alcuni periodi provava a usare una crema per renderle meno selvatiche, ma la verità è che mi è sempre piaciuto farmi graffiare piano la pelle del viso dai suoi calli quando mi accarezzava. Mi piaceva guardarle ogni tanto e contare le nuove ferite e farmi raccontare come se l'era fatte. Non ho mai tenuto mani più rotte di quelle, eppure non ho mai pensato fossero da cambiare.
Almeno quelle.

Mi mancano così tanto da farmi sentire sbagliata.





ArHaL
Il tempo cambia il volto delle cose, anche dei ricordi.