giovedì 30 novembre 2017

una favola per adulti

La vita continua ad essere caotica e priva di certezze, ma io sto cercando di vivere giorno per giorno con tutta la serenità che ho. Sono sorpresa dalla mia calma, nonostante questo turbinio di insensatezza e cambiamento e, anche se devo ancora lavorare molto su me stessa, per ora va bene così.

Sono finalmente riuscita a tornare al gruppo di scrittura e oggi ho scritto sul tema "favola per adulti" una cosa molto allegra, come sempre. E' un po' un monologo, un po' un flusso di coscienza, l'ho scritto in un'oretta e probabilmente avrei potuto fare di meglio, ma credo che esprima almeno un po' di quello che a volte mi sento dentro, e quindi va bene così.
Stasera avrei voluto leggerlo meglio, ma la mia mente attuale è piuttosto deconcentrata; in ogni caso ho ricevuto feedback positivi: positivi nel senso che è piaciuto, ma anche nel senso di negativi, cioè che le persone sono state male, quindi penso di essere riuscita ad esprimere almeno in parte quel tipo di dolore. Il commento che più mi ha fatto riflettere è sul fatto che il protagonista sia molto arrabbiato, nonostante normalmente in casi come questi ci sia solo disperazione. Sono felice che qualcuno abbia colto questa sfumatura perché per me era importante riuscire ad esprimere la rabbia per una promessa infranta.


"E vissero per sempre felici e contenti.

E’ vero: abbiamo vissuto per sempre felici e contenti. Dove “per sempre” è da leggere come “fin quando tu non te ne sei andata”.

Il nostro è stato un “per sempre” piuttosto breve, rispetto alla normale vastità del concetto, ma in effetti è stato anche un “per sempre” lungo: dieci anni, lunghi a loro modo perché in ogni mese insieme abbiamo creduto che fosse arrivata la fine. E tutto questo era quanto di più bello potessi sperare, anche se in realtà non era una cosa che avevo mai sperato prima. Prima di te.

Ogni mese, ogni giorno, per essere precisi 3.653 giorni, ci siamo amati con la consapevolezza che quel momento poteva essere l’ultimo, ma senza angoscia, anzi, con un fuoco dentro che non si è mai spento, e tu sai di cosa parlo, quel fuoco che ti brucia nel petto, nello stomaco, sotto la pelle, diciamo pure ovunque, quando incontri qualcuno che sai che devi avere vicino, che sai che devi tenerti vicino, e per quanto tempo farlo, incredibilmente, diventa secondario, scompare, perché il tempo stesso si dissolve, perché in un istante vi state già amando, in un minuto siete già sposati, in un’ora vi siete reincarnati almeno altre due volte. Quando hai incontrato quel qualcuno l’hai provato ed io lo so perché me l’hai detto, lo so perché quel qualcuno sono io.

Sono io che ti ho portata con me in questi dieci anni, ti ho abbracciata, a volte anche troppo forte, e ho contato ogni giorno i minuti passati insieme, e quindi tutti i matrimoni a cui abbiamo partecipato come sposi, ogni volta diversi; li ho contati perché sapevo che avrei dovuto tenermeli stretti quando tu te ne saresti andata. Anche se mi pregavi di non andare via io, anche se ti ho pregato di non andartene io, sapevo, in fondo a me stesso, nella parte dove si vanno a nascondere tutte le nefandezze delle nostre anime, che tu un giorno te ne saresti andata.
E io mi ero giurato, ti avevo giurato, di odiarti con tutte le mie forze se tu l’avessi fatto, di cancellarti da ogni angolo della mia vita, della nostra casa, dei pensieri, dei desideri, dei ricordi, dei sogni, sapendo che non ci sarei riuscito, ma l’avrei fatto comunque, perché è questo quello che deve fare ogni essere umano: andare avanti. Purtroppo. Io credo invece che ad alcune cose semplicemente non bisognerebbe sopravvivere. Che ci sono dei dolori morali, dei dolori emotivi, mentali, a cui non dovremmo in alcun modo sopravvivere. Sopravvivere perché? Per evolverci, per migliorarci, per continuare a sperare in un domani. Ma se io non volessi? Se io non voglio più sperare in un domani, migliorarmi, evolvermi da quando te ne sei andata, perché devo restare?

Ma mi hanno insegnato a farlo, me lo hanno inculcato così profondamente nella testa, me l’hai inculcato tu così profondamente dentro, che adesso devo farlo. Anche se so che è questo il motivo per cui tu non ci sei più.
Per cui tu, nonostante io abbia cercato di curarti e guarirti e coltivarti come il migliore dei miei fiori, quale tu sei, quale tu sarai sempre, per cui tu ora sei morta.

Morta. Morte. Una cosa che non temo più. Che ho temuto, fintanto che ero con te, che ho temuto per te, quando mi facevi promettere che io non sarei morto per primo. Quando sussurravi al mio fuoco di bruciare per scaldarti e lui lo faceva, perché non sapeva fare altro accanto a te, e tu mi baciavi le spalle e piangevi. Quando, incapace di annodare i nostri sogni insieme ad anni troppo lontani, li osservavo mentre ti scivolavano via dalle dita.
E tu credo che non lo sappia, ma li ho raccolti tutti quanti e li conservo in quella scatola di legno intagliato sul comodino, quella che avevi comprato solo perché era bella, ma poi era sempre rimasta vuota. Ecco, ora è piena. In realtà è sempre stata piena. Di tutti i desideri che non avevamo ancora potuto realizzare. Di tutti i desideri che non realizzeremo mai. Di tutti i desideri che ormai conosco a memoria perché ogni giorno, da quando te ne sei andata, li sfoglio e lascio che mi taglino le dita.
E di giorni ne sono trascorsi molti di più del nostro “per sempre” insieme, almeno 12.900, ma non sono sicuro di questo numero quanto sono sicuro di quello dei giorni in cui abbiamo vissuto di calore e vicinanza. Perché hai deciso tu, hai scelto tu di lasciarmi nel nostro giorno, di chiudere il “per sempre” lì dove era iniziato. E io, ancora una volta, ho annuito alla tua decisione, mi sono messo in ginocchio di fronte alla foto della tua lapide e ti ho portato delle orchidee. Proprio come quando ti ho detto per la prima volta che ti amavo, l’ho fatto tremando, l’ho fatto senza sapere cosa sarebbe accaduto dopo.
E la prima volta è accaduto tutto. L’ultima, invece, non è successo niente. Perché continuo a vivere con te, ma senza di te. Senza la tua voce, senza il tuo profumo, senza il tuo calore. Senza.

Ho imparato subito che la morte è proprio questo: senza. Privazione, mancanza di qualcosa che prima c’era e ora non c’è più.
Ho imparato invece solo ora, ora che anche io sto diventando sempre più freddo, che era proprio questo che non potevi accettare, che per quanto tu abbia lottato non hai potuto accogliere in te, che non hai potuto aspettare che accadesse: il senza, la mancanza di calore, il freddo. Il raffreddarsi del mio fuoco.

Ed è per questo che hai spento prima il tuo, è per questo che hai messo fine al nostro “per sempre”.
Vero?"





ArHaL
Il tempo cambia il volto delle cose, anche dei ricordi.

sabato 25 novembre 2017

un altro passo verso


Mi chiedo quale sia la giusta soglia di dolore da affrontare per raggiungere i propri sogni.

Mentre me lo chiedo, anche se adesso voglio ancora una volta svanire, mi sento sollevata perché so che ho dei sogni. Che sono fondamentalmente sempre gli stessi, anche se hanno cambiato forma. O forse ho cambiato forma io, ho cambiato la consapevolezza e le aspettative nei loro confronti.

Non so ancora se sto seguendo il giusto percorso per raggiungerli e non so se li raggiungerò mai.
Ma loro sono lì, sono sempre rimasti lì.


Sono tornata dalla Spagna. E' andato tutto sommato bene e non ho nemmeno pianto troppo al momento dei saluti, anche perché ero impegnata a sopravvivere alla febbre e alle cose da fare.
Purtroppo gli incubi mi hanno inseguita fin lì e, sebbene pensassi di aver passato il peggio tra settembre e ottobre, non ero evidentemente pronta per novembre e dicembre.
Oltre ai sogni, in questo periodo anche quando sono sveglia spesso mi sento come se non fosse passato un giorno dal momento in cui ho fatto i bagagli per lasciare casa sua.
Ho pianto ancora e mi ritrovo a chiedermi di nuovo quando tutto questo finirà. Alterno momenti in cui penso di poter addirittura parlare con lui e gli altri, se mai lo dovessi incontrare, come una persona normale, a momenti in cui anche solo sentir menzionare contesti vicini la gola mi si stringe nell'ormai conosciuta sensazione di vuoto.
So che devo essere paziente. Che devo mettere in fila un mese dopo un altro. In attesa che diventino anni. Spero solo che basti, anche questa volta.

Anche perché nel frattempo non ho potuto rimanere ferma. Non ho potuto darmi pace e restare da sola, ho continuato a girare e conoscere ed esplorare e a chiedermi ogni giorno se stessi facendo la cosa giusta.
Ed ora mi trovo nel punto in cui, per la prima volta in vita mia, devo mettere da parte i miei sentimenti e pensare al modo in cui rimanere a Firenze, visto che non so più dove prendere i soldi per mantenermi.
E così nel giro di un mese dovrò pagare i debiti con il padrone di casa, l'agenzia immobiliare, le caparre e tutto il resto. Oppure tornare dai miei, la qual cosa la mia testa continua ad escludere in automatico, mentre non dovrebbe.

Sono pronta a prendermi cura di me. A lasciare che qualcuno mi aiuti a farlo. Pronta a rimettermi in gioco. Pronta a vivere come vorrei.
O forse no?


Come è possibile stare per metà sotto terra e per metà sopra le nuvole?


Continuo a scrivere come posso. Ieri sera ad un evento di SCF una mia poesia è stata scelta per essere letta, così ancora una volta ho superato la vergogna e ho parlato al microfono provando a recitare queste parole:
"Negli anni che posso contare 
Vi sono vuoti oscuri 
In cui molto è entrato 
E niente è uscito 

Si sono persi quei giorni 
Nel susseguirsi dei mesi 
Sono andati ad unirsi 
Alle file degli incubi 

Ma ho perso anche 
Fin troppi bottoni 
Così che nessun cappotto 
Può più coprirmi dal gelo 

E vado senza meta 
A petto nudo 
Col vento in faccia 
Tossendo via 

I legami 
Le promesse 
Le mancanze 
Gli odori 

E aspetto ormai paziente 
Dei lacci nuovi in dono 
Per non perdere almeno 
Le mie scarpe buone 

Eppure non ho bisogno 
Di credere ancora al fato 
Perché ciò che mi basta 
E’ la mia non-direzione"

La cosa migliore che abbia potuto capire quest'anno credo che sia il fatto che il non avere una direzione non sia una cosa così spaventosa e sbagliata.
Nonostante tutto, sono molto orgogliosa di me per questo.
Anche se decidessi di rimanere sola adesso, non avrei paura. Ed è una consapevolezza bellissima, come è ancora più bello sapere che in realtà ho molte persone a cui voglio bene.

Anche se è un altro periodo cupo, sono ormai consapevole di non poter far altro che andare avanti.
E quindi semplicemente lo faccio.


ArHaL
Il tempo cambia il volto delle cose, anche dei ricordi.

mercoledì 1 novembre 2017

All'improvviso.

Ho veramente bisogno di scrivere, ma non tramite racconti o poesie, ma di cose concrete.
Sono in Calabria, domani riparto, e le cose che continuano ad accadere a me o a persone a me care sono improvvise, assurde, spesso tragiche.
Forse dovrei aspettare ancora prima di scrivere questo post, visto che ora sono un po' alticcia (l'amaro del tardo pomeriggio colpisce ancora), ma dopo aver parlato con Ari stasera penso sia il caso di fare il punto della situazione con me stessa, almeno in breve.

E' Novembre, il mese del buio. Io vivo in un quasi perenne stordimento che mi salvaguarda dagli scossoni emotivi, ma che impedisce di essere attiva quanto dovrei/vorrei.
Devo cambiare casa perché la mia famiglia non ha più i fondi per continuare a mantenere la mia piuttosto costosa-come tutto a Firenze-stanza singola. Potrebbero aiutarmi per qualche altro mese di sicuro, ma sono questi i mesi buoni per cercare casa.

Il fatto è che sono fondamentalmente nullatenente perché i miei lavori mi danno veramente pochissimo, per quanto abbia cercato, e voglio cercare di gravare il meno possibile sui miei genitori da ora in poi.
Genitori che sono veramente agli sgoccioli dal punto di vista psicologico, con cui continuo ad avere grossi problemi di comunicazione e loro continuano ad averne tra di loro di tipo insormontabile.

Nel frattempo tragedie più o meno gravi continuano a spuntare intorno a me come funghi e io faccio del mio meglio per tamponare i danni, spero non del tutto inutilmente.
E seguo troppe cose tutti insieme, i miei lavori e la ricerca delle case che temo di non trovare perché è quasi impossibile negli ultimi anni a Firenze, e tutto ciò mi porta ad essere abbastanza fuori di testa.

Continuo a sognare e a pensare ai miei ex, ovviamente non volendolo. Non è più doloroso, ma sono martellata dai ricordi. Pensavo sarebbe stato via via più semplice, e in realtà lo è, ma in alcuni momenti mi sembra di non farcela. Soprattutto nei riguardi di Gheri.
Ogni volta che in modo istintivo penso alla mia futura casa, penso a casa sua. Ed ogni volta è terribile. Mi fa ancora molto male vedere qualsiasi cosa lo riguardi e, per quanto lo eviti, a volte capita.

Quindi non so bene cosa fare. In realtà so che se mi fermo, è peggio. Quindi è giusto provare ad andare avanti come sto facendo. Ma il suo pensiero è davvero invadente da ormai due mesi. Mancano ancora quattro-cinque mesi, e poi sarà passato un anno da quando ci siamo lasciati. Forse andrà meglio, come è successo in passato. Lo spero.

Spero, in realtà, nei prossimi mesi, quindi con il nuovo anno, di trovare una nuova stabilità. Nuova casa, nuova vita. Liberarmi di tante zavorre. Ma in realtà i ricordi mi salgono lungo la gola così spesso da mozzarmi il respiro. Anche se non li vorrei mai. Vorrei solo dimenticare tutto. Ma so che non si può. 
Posso solo combattere ogni giorno contro me stessa. E provare ad accettare le cose buone e le cose brutte.

Quello che mi sta succedendo è così assurdo da non crederci. Pur partendo da presupposti negativi, ed essendoci ancora molti eventi negativi nella mia vita, non posso non provare a viverla in modo positivo. Ma non so quanto mi stia illudendo che tutto andrà bene. D'altronde, cosa altro posso fare se non sperare?

Non credevo di poter arrivare a dire che è la speranza ciò che mi porta avanti.
La speranza che un giorno starò meglio, che avrò persone che mi staranno vicine per sempre, che troverò la mia fottuta strada. Che tutto si sistemi intorno a me, o che almeno ci provi.

Lo spero. Posso solo fare questo.
Ed andare avanti come un treno, contro tutti, verso ciò che mi fa stare bene.
Tra qualche giorno partirò per un nuovo progetto europeo, stavolta in Spagna.
Spero che mi dia nuove risposte.

So che ci sono vite molto peggiori delle mie, ma non so più assolutamente come rapportarmi ad ogni cosa. Per cui penso il meno possibile e seguo l'istinto.
E la speranza.




ArHaL
Il tempo cambia il volto delle cose, anche dei ricordi.