venerdì 1 febbraio 2019

/manos


Ieri e oggi sono rimasta tutto il giorno in casa (o meglio, in camera) perché tanto per cambiare sto male (psico&fisicamente). Sto cercando di rendere questo luogo un rifugio, anche se mi sembra impossibile l'idea di riuscire a chiamare di nuovo qualcosa "casa".

Qui, in ogni caso, dovrei essere al sicuro da lui perché non ha ovviamente mai varcato la soglia di questo luogo. Ma evidentemente non è abbastanza.
Ce l'ho sempre negli occhi. Come un granello incastrato tra le ciglia, mi offusca la vista e mi fa lacrimare. Lo vedo ovunque, nella sua figura alta e un po' storta, seduto scomposto, prepararsi una sigaretta, fissare un punto non definito mentre pensa, giocare al cellulare, mordicchiarsi le dita distrutte.

Non saprei dire cosa mi manca di più di lui, ma sicuramente le mani sono tra le cose che più mi pesano. Quelle mani rovinate dal lavoro, piene di tagli, bruciature, calli, con la punta delle dita mangiata dal nervoso, le unghie sempre cortissime. Quelle mani consumate.

In alcuni periodi provava a usare una crema per renderle meno selvatiche, ma la verità è che mi è sempre piaciuto farmi graffiare piano la pelle del viso dai suoi calli quando mi accarezzava. Mi piaceva guardarle ogni tanto e contare le nuove ferite e farmi raccontare come se l'era fatte. Non ho mai tenuto mani più rotte di quelle, eppure non ho mai pensato fossero da cambiare.
Almeno quelle.

Mi mancano così tanto da farmi sentire sbagliata.





ArHaL
Il tempo cambia il volto delle cose, anche dei ricordi.

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