martedì 21 gennaio 2014

20/365


Day 20 of 365.

Dopo un leeento risveglio, mi sono appostata al pc per iniziare a sbrigare una delle mille cose in arretrato che devo fare.
In queste occasioni mi viene sempre in mente la frase di Seneca che recita "non è vero che abbiamo poco tempo: la verità è che ne perdiamo molto".

Subito dopo pranzo sono stata contattata dall'archeologo che doveva darmi il rimborso spese per gli scavi di Settembre: lo sapevo che mi avrebbe avvisata all'improvviso!
Così mi sono vestita piuttosto velocemente e sono andata in facoltà.
E' misterioso come, in pochi mesi, il mio modo di relazionarmi a quel luogo sia così mutato: mi spaventa.
Cammino a testa bassa per il timore di incrociare qualcuno che conosco, cioè l'idea di dover salutare qualcuno mi atterrisce. Della questione ho già parlato in passato, ma stavolta comprendo il perché: non è solo questione di timidezza, ma anche il fatto che ormai, chiunque potrebbe riconoscermi e salutarmi, è solo una persona che potrei definire, nel migliore dei casi, un "conoscente".
E io, veramente, odio salutare i conoscenti.
Ci sorridiamo, per gentilezza, per educazione, chiediamo come vanno le cose, come si sta, quanti esami mancano, chi si laurea e chi no, e poi vabbè, io non so mai come continuare il discorso, no, veramente, tra le tante ansie sociali che affronto giornalmente, questa mi sembra la mia più inutile da superare, e per ora ne faccio volentieri a meno.

In questi giorni mi arrivano messaggi privati su Facebook che mi avvisano che alcune ragazze, con cui circa due anni fa avevo stretto un buon rapporto, non dico d'amicizia, ma quantomeno tra "colleghe", si stanno per laureare: la cosa, in realtà, non mi mette neanche troppa ansia dal punto di vista "accademico" e ho dato ben volentieri la mia parte di soldi per l'acquisto del regalo.
Solo che rifletto sul fatto che anch'io un giorno, si spera, arriverò alla laurea e sono più che convinta che non ci sarà nessuno pronto ad organizzarmi una festa, o quelle stupide foto buffe attaccate in giro, o per comprarmi un regalino simbolico, proprio come è successo con la mia coinquilina.
E non è che la cosa mi dispiaccia perché non mi sentirò abbastanza festeggiata o non riceverò un regalo, affatto, perché se mai arriverò a quel giorno sarò già abbastanza orgogliosa di me stessa da non desiderare niente altro, ma mi fa sentire come quando andavo ancora al liceo e intorno a me vedevo le persone divertirsi, chi in un modo e chi in un altro, e io proprio non ce la facevo a sentirmi serena in quei contesti, e non capivo, non sono mai riuscita a capire perché non riuscivo a divertirmi come gli altri. E, oltre a sentirmi sola, percepivo dentro me questa sensazione quantomeno strana in cui comprendevo che stavo saltando qualcosa, che avevo sorpassato qualche passaggio della crescita, che ci sarebbe dovuta essere l'era della socialità e del divertimento spensierato anche per me, degli scherzi idioti, delle bombe d'acqua e dell'andare a mare tutti insieme, e dei motorini, e dei capodanni fuori e di tutte queste cosa da giovini, e invece no, per me non ci sono state, a volte perché mi sono state negate, ma soprattutto perché io non le ho volute, perché non mi interessavano, mi annoiavano o le trovavo oltremodo stupide.

E quindi, anche adesso, al pensiero che non ci sarà nessuno a fare queste cose "stupide" da laurea un po' mi intristisco, pensando che mi perderò anche questa, e stavolta non tanto perché non lo desideri, ma perché non sono brava e non ce la faccio, almeno per il momento, a gestire dei rapporti sociali così.
Ad ogni modo, è inutile pensare a queste cose, quando la questione più importante è che mi mancano 49829472397 esami e problemi da superare prima del gran giorno.

Fatto sta che, dopo aver attraversato i corridoi a sguardo basso, sono entrata in laboratorio.
Non busso mai prima di entrare lì dentro, cosa che ho visto fare a tutti gli altri studenti: quel posto lo sento ancora un po' mio, dopo tutte le ore passate davanti autocad o a siglare frammenti di vasi rotti.
Tutti mi hanno salutato e sorriso, tutti i ricercatori di archeologia medievale di Firenze sono sempre molto educati e gentili con gli studenti, e questa è una cosa che mi piace molto di loro.
Ho salutato con più enfasi un'archeologa che trovo molto simpatica e con cui ho fatto più di uno scavo, poi il ragazzo che aveva i miei soldi me li ha porti, e abbiamo scherzato per qualche breve minuto tutti insieme, e io, giuro, volevo solo scappare, mi sentivo troppo in imbarazzo, sebbene da parte loro avevo la massima gentilezza, e sorrisi incoraggianti, non so, forse conservano un buon ricordo di me sullo scavo, anche se praticamente a livello di prestazioni fisiche ho fatto schifo.
Con la scusa di andare a studiare mi sono defilata. Mi sarebbe piaciuto restare con loro e fare qualcosa, qualsiasi cosa, anche il maledetto autocad, ma mi sentivo così a disagio e avevo il batticuore e non ho saputo come affrontare la cosa.

Ho sbrigato altre commissioni in giro, e ciò mi ha aiutato a distrarmi, e poi sono tornata a casa.
Con le altre abbiamo deciso di guardare insieme La Spada nella Roccia, visto che una delle due non l'aveva mai visto per intero, ma non so, forse per la mancanza di una storia d'amore, forse per l'ansia pre-esame, non mi sembra le sia piaciuto molto.
Quando sono andate a dormire, io mi sono risistemata al computer e ho finalmente trovato il coraggio di scrivere per SeiAutori.
Sarei voluta andare a dormire subito dopo, ma in realtà mi sono fatta prendere da riflessioni, neanche negative, così ho fatto un po' più tardi.

Ho trovato un articolo sulle 10 costruzioni più alte di Firenze: dentro di me pensavo che sicuramente ai primi posti ci fosse qualche troiaio moderno, tipo l'orrorifico Palazzo di Giustizia, e invece, con gioia, ho scoperto che al primo posto c'è proprio lei, la Cupola di Brunelleschi, con 116 metri.
Mi sono fermata a pensare che mi piace che Firenze non abbia tutti questi palazzi alti, e che buona parte di quelli che ha sono retaggi medievali e rinascimentali.
E soprattutto, mi piace il fatto che la più alta costruzione sia proprio lei, la cupola del duomo, una di quelle cose che, quando ci passo davanti, ogni volta che ci passo davanti, mi fa pensare che se sta su lei, posso farcela anch'io.
E quindi lei è la più alta, e io sono felice, perché un giorno, dopo che mi sarò laureata almeno una volta, salirò quelle scale e potrò sorridere alla città dall'alto, più in alto di tutto, e quando quel momento arriverà spero di aver imparato a sorridere.


loss: http://seiautori.blogspot.it/2014/01/loss.html




ArHaL
Il tempo cambia il volto delle cose, anche dei ricordi.

Nessun commento: