lunedì 29 maggio 2017

In viaggio.


Ho messo una settimana tra me e l'ultima volta che l'ho visto.
E stavolta non ho più date di scadenza a cui pensare: non lo rivedrò, non lo voglio rivedere per molto tempo, so solo questo.
I due giorni insieme sono tra le cose più difficili e terribili che abbia mai affrontato e, nonostante tutto, mi sento orgogliosa di me stessa per avercela fatta.

Il fato mi ha preso per mano e mi ha portato a vedere le prime lucciole della stagione, proprio come quella sera in cui ci siamo conosciuti e lui voleva andarle a fotografarle: ho sussurrato piano nella notte, fissandole e chiedendomi il perché di tutto quel dolore.
Mi ha messo in mano la mia borsa da cintura, quella che mi aveva regalato lui, e mi ci ha fatto trovare dentro altri aghi dell'abete che avevamo addobbato insieme: io li ho stretti forti in mano e mi sono allontanata, andandoli a seppellire nel piccolo corso d'acqua che scorreva vicino all'accampamento.
Ho tirato fuori il coraggio che non pensavo di avere e l'ho guardato, l'ho guardato a lungo, perché sapevo che dovevo dirgli addio, dire addio alla sua immagine, dire addio al suo nome. E l'ho fatto, anche se il suo strascico rimarrà con me a lungo, forse per sempre.

E poi, come sono arrivata, me ne sono andata.
Così come fanno tutti, così come stanno facendo con me persino i miei migliori amici.
Ho sognato di urlare nel sonno, di chiamare lui, di chiamare il Sardo, di chiamare Santi, e di sapere che non potevo chiedere aiuto a nessuno. Questo incubo mi ha terrorizzato, ma al contempo mi ha fatto ricordare che sono in piedi da sola, e che sono fortissima.

Voglio diventare un tocco leggiadro che rimbalza di vita in vita, ma voglio anche trovare un luogo per restare. Un non-luogo da chiamare Casa. Questo viaggio finirà e io raccoglierò ancora una volta i miei pezzi, per conservarli in una teca di vetro e ricordarmi quanto sia prezioso ogni cuore.



ArHaL
Il tempo cambia il volto delle cose, anche dei ricordi.

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