martedì 22 gennaio 2019

/toque


Oggi sono particolarmente frastornata perché ieri era il compleanno di Patti e ho fatto del mio meglio per renderla felice e, di conseguenza, anche essere io di buon umore tutto il tempo.
Ci sono quasi riuscita, nonostante i mille ricordi e pensieri che sempre ho in testa.

Purtroppo ieri siamo dovute passare anche da un negozio da divise perché lei aveva bisogno di ordinare delle giacche da cucina: da quando viviamo insieme ha trovato lavoro come aiuto-cuoca e io sono felicissima per lei, anche se avere a che fare con quelle divise e i grembiuli e tutto mi fa davvero male. La mia vita è come sempre in preda a un'enorme e grottesca ironia della sorte che ha deciso che la mia migliore amica con cui sono andata a vivere a Siviglia prendesse lo stesso mestiere della persona con cui vivevo fino a pochi mesi fa a Firenze e che ora non c'è più nella mia vita.

Ogni volta che apro la lavatrice riconosco l'odore che sentivo ad ogni suo bucato: quello dei vestiti, impregnati indelebilmente dei mille profumi delle cucine, misto all'ammorbidente che cerca di coprirlo. Mi ha sempre dato un po' fastidio, ma lo adoravo comunque sulla sua pelle. Mi piaceva, il lunedì mattina, svuotare lo zaino delle sue cose, controllare che non si fosse dimenticato accendini, penne o menù nelle tasche, sfilare i bottoni di sicurezza dalle strette asole e fare attenzione a non perderli. Mi piaceva fare il bucato per lui mentre lui ancora dormiva nel suo unico giorno libero, un po' forse perché sono "terrona", un po' perché quello era uno dei modi che avevo per prendermi cura di lui e del suo mestiere che tanto amava, anche se lo consumava.

Nella mia mente è impressa indelebilmente la foto che mi scattò quando venne per la prima volta nella vecchia casa Minelli a trovarmi e mi fece indossare la sua giacca, che non aveva mai fatto provare a nessuno, tanto significava per lui. Diceva sempre che voleva comprarne una nuova, ma poi non l'ha mai fatto.

Ieri in quel negozio avrei potuto comprargli tanti regali, ma ho cercato di tenere questo pensiero lontano dalla mente pensando a Patti. Alla fine però mi sono ritrovata a sfiorare con la punta delle dita un cappello da cuoco nero con tanti teschi di vari colori stampati: gli sarebbe piaciuto molto.
Sono scoppiata a piangere e mi sono dovuta allontanare, aspettando Patti fuori, che poco dopo mi ha raggiunto sospettando la ragione della mia sparizione. Ci siamo incamminate verso casa e fermare i singhiozzi è stato difficilissimo, volevo piangere tanto, molto più di quella prima notte a Siviglia a settembre, quando passando di fronte a una vetrina, vidi una giacca da chef e istintivamente gli mandai degli audio per chiedergli aiuto. Lui mi rispose che se fosse stato necessario avrebbe anche preso un aereo da solo per venire da me.

Invece non l'ha fatto, invece mi ha persino impedito di prendere io un aereo per andare da lui.
Però come gli sarebbe stato bene quel cappello.




ArHaL
Il tempo cambia il volto delle cose, anche dei ricordi.

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